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venerdì , 19 Aprile 2024

Vent’anni di sinistra

Il segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, nelle ultime settimane ha parlato più volte dei cambiamenti necessari alla sinistra che si appresta ad entrare negli “anni venti” del duemila, a cent’anni di distanza da uno dei periodi storici più tristi della storia italiana. 
Dire che i prossimi anni devono essere diversi da quelli di un secolo fa è assolutamente necessario, a maggior ragione in tempi in cui il vento della destra estremista soffia con forza sia in Italia sia nel mondo, ed in cui le linee di difesa delle democrazie si fanno sempre più fragili.
Ciò che manca è la consapevolezza che i prossimi dieci anni non dovranno essere diversi solamente da quelli di cent’anni fa, ma anche dagli ultimi che sono appena trascorsi. Se la sinistra, all’inizio del decennio, non aveva “un milione di cosa da dire”, quantomeno riusciva a dare qualcosa che assomigliava ad una speranza in un futuro migliore.

Nel mezzo è successo di tutto: la fine della parabola politica berlusconiana, un governo tecnico che ha peggiorato le condizioni di vita degli italiani, una dolorosa sconfitta elettorale ed una serie di governi targati PD che non solo hanno portato una frattura ancora insanata tra partito e buona parte di quello che è stato il suo popolo, ma anche un senso di smarrimento tuttora visibile. Quello che per anni è stato il popolo del centrosinistra non riesce più a riconoscersi: ci sono le idee, mancano i partiti in grado di dar forma a queste. Ciò che manca non è solo un leader in grado di appassionare, ma anche la capacità di ascoltare il disagio che tocca molte parti della società, in grado di far elaborare qualcosa da raccontare.

Non è più il momento di essere tiepidi, perché fuori dalle stanze del potere c’è tanta gente appassionata che ha bisogno di riconoscersi in qualcosa. Ed al suo fianco tanta gente in difficoltà, che non crede alla politica non per ignoranza, ma perché dalla politica non è mai stata presa in considerazione se non in quanto semplice numero sbandierato dal politico di turno. Quel disagio sociale è composto da persone, non numeri: per ricostruire la sinistra degli anni venti del duemila deve partire da qui. Ascoltare, raccontare, tornare a fare appassionare la gente intorno ad un’idea di uguaglianza.

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