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venerdì , 29 Marzo 2024

Nota a margine sul referendum

di Fabio Cosmai

1. Il DEBITO pubblico italiano ammonta a luglio di quest’anno a 2 560 475 milioni di euro (sono due milioni e mezzo di milioni, oppure duemila miliardi e mezzo; come vi pare); le stime per il PIL, si attestano sui 1 600 000 milioni di euro. Con la riforma costituzionale, capolavoro politico degli invasati della casta, lo Stato risparmierebbe la bellezza di 100 milioni di euro all’anno (in realtà circa 85 ma, una volta tanto, crepi l’avarizia). Come dire che, se guadagnate 1600€ al mese e ogni mese accumulate 2560€ di debito, sperate di salvarvi risparmiando 0,10€. Tra l’altro, con questo risparmio, appunto, ci pagate i debiti e ci tappate le falle. Non potete neanche comprarci una goleador (di quei soldi risparmiati, ovviamente, nessuno di noi sentirà neppure la puzza). E questo per quanto riguarda la quantità economica.

2. Veniamo alla quantità rappresentativa. Se prima della riforma un parlamentare si esprimeva a nome di 66 mila cittadini, dopo la riforma parlerà per 101 mila cittadini; ciò significa che se prima la volontà di 66 mila persone esprimeva un intero voto in parlamento, adesso quelle stesse 66 mila persone esprimeranno circa 0,66 voti. In sostanza, il potere di cui il singolo cittadino investe, votandolo, un parlamentare viene diminuito di circa il 34%; e questo, per quanto concerne la composizione degli organi istituzionali, è l’unico potere politico di cui disponga ogni cittadino, in quanto cittadino. Per cui, approvando la riforma, i cittadini delibererebbero di dare meno peso alla propria voce. Si potrebbe anche aggiungere, tanto per volersi far male, che tagliare di un terzo il numero dei parlamentari significa anche rendere più difficile ai cittadini l’accesso alle istituzioni politiche: meno posti disponibili, meno probabilità di accedere. Ma l’accessibilità universale alle cariche pubbliche è un altro caposaldo di non poco conto in una Repubblica democratica.

3. Per quanto riguarda la qualità, il discorso è ancora più assurdo. Farebbe ridere se non fosse tanto serio. Questa rivelazione desterà certamente lo stupore di molti, ma il parlamento è l’unico organo istituzionale eletto a suffragio universale (ahimé, il popolo non elegge né il presidente del consiglio, né il governo di cui questo è a capo, né il presidente della Repubblica che lo investe); per cui quello che si andrebbe a tagliare è l’unica entità su cui un cittadino abbia voce in capitolo. È chiaro che il declino intellettuale e morale della classe politica degli ultimi anni stimoli in chiunque il riflesso condizionato di ficcarsi le dita negli occhi e strapparseli via, in balìa di crisi di pianto e vomito. Ma, qui sta il trucco, se avete un chilo di cacca in uno scrigno d’oro, e decidete di rimpicciolire la scatola e toglierne tre etti di cacca, perché questa non si addice all’oro, i restanti sette non diventeranno per magia gemme e rubini. Rimarranno sette etti di cacca in uno scrigno d’oro più piccolo. Quindi avrete, sì, meno oro ma non vi sarete liberati della merda. Come dire: il problema non è la quantità, ma la qualità, appunto.

Non c’è nessun motivo funzionale per decidere di approvare una riforma del genere. L’unica ragione per cui una simile riforma esiste è per rilanciare le quotazioni di un movimento penta-meteorico, apparso e destinato a scomparire in un tempo molto breve, nato col dichiarato obiettivo di eliminare il concetto di democrazia rappresentativa. Movimento che pur di rimanere a galla, con o senza il consenso dell’elettorato, ha stretto alleanze con la quasi-estrema destra e, nel giro di una caduta di governo, con la pseudo-sinistra moderata che ora tiene per le palle con un referendum liberticida.

Praticamente, è l’equivalente dell’argomento delle buche in tempi di elezioni comunali: è un argomento (ri-)acchiappa voti. Se non fosse che qui non si tratta di incatramare le vie del centro, ma di manomettere la Costituzione.

Per via della schiavitù dal consenso a cui è soggetta una classe politica vuota di contenuti, nessun rappresentante che voglia evitare di precludersi l’accesso al potere politico che la riforma mianccia di restringere (ciò che taglia fuori una buona dose di virtuosi martiri) può permettersi di parlare apertamente contro il delirio contradditorio di una riforma che chiede al popolo di usare il suo potere politico per togliere potere politico al popolo.

L’unica speranza a cui possiamo aggrapparci è che, almeno stavolta, il popolo ben avveduto circa la delicata questione su cui è chiamato ad esprimersi non decida di liberare Barabba.

È un banale gioco di potere, di cui siamo le inconsapevoli marionette. Ma chi ci vende fumo non è la terrificante maschera dietro cui si nasconda un misterioso potere occulto: sono semplicemente le facce di quelli per cui facciamo il tifo che fanno gli interessi di chi garantisce loro un certo numero di voti o, a voler fare i malpensanti, favori personali.

Siccome provo un perverso piacere nel coltivare vane speranze e nel lanciare appelli nel vuoto, mi raccomando: stiamoci con la testa, ché già qui la situazione mi pare un gran puttanaio.

Per dire quanto siamo messi male, la riforma di Renzi era molto migliore di questa.

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