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martedì , 19 Marzo 2024
La sconfitta alle elezioni non ha causato l'atteso terremoto a sinistra. Forse è giunto il tempo di scavalcare le dirigenze politiche degenerate e riscrivere il futuro del socialismo italiano.

E se fossero i giovani a lanciare una costituente?

Hernan Chavar, “Il Quinto Stato”, 2018

Subito dopo la batosta elettorale, le proposte di rilancio della “sinistra” si rincorrevano, essenzialmente riducibili a tre, e tutte imperniate sul Pd: chi proponeva una costituente per un nuovo partito; chi un cambio di nome; chi un congresso di rinascita. In circa due settimane le prime due opzioni sono già state eliminate e molto probabilmente assisteremo al solito circo che alla fine non porterà a nessun cambiamento e servirà solo a individuare il prossimo futuro ex segretario. Le candidature, che fioccavano, aspettano in silenzio il corso degli eventi: non per decenza, ma solo per non auto bruciarsi. Pure se si scegliesse, strada facendo, la seconda opzione, il sospetto che si possa trattare di un gattopardiano “cambiare tutto affinché nulla cambi”, sarebbe diffuso. Difficile aspettarsi un rinnovamento da questa classe dirigente.

Non a caso, quanto più si parla di rifondare il partito sulla base di una identità, tanto più non si capisce a quale identità si faccia riferimento: non ci si vuole sbilanciare? Molto più intuitivamente forse non se ne ha una e non si sa dove andarla a prendere. Se il correntismo poteva inizialmente fare riferimento ai due principali promotori del Pd, ciò che resta è un amalgama di correnti fondate sulla capacità di ciascun colonnello di garantire un futuro: via le idee, restano le carriere. D’altro canto, i partitini extra Pd, sicuramente con una identità più marcata, o hanno optato per confondersi con esso, oppure hanno ottenuto un risultato magro.

Qualcuno individua la cura nella stagione di opposizione che dovrà affrontare la sinistra. Probabilmente una pia illusione e una nostalgia del bipolarismo, visto che l’opposizione è una coabitazione a tre con Azione-Iv e Movimento 5 stelle. Insomma, il bipolarismo era il motore che alimentava il Pd: senza quello resta una macchina ferma. La destra lo ha capito, infatti l’alter ego Pdl si è presto scisso in FI e FdI. L’unica speranza per un futuro, cioè per un ritorno al bipolarismo, potrebbe essere paradossalmente la riforma presidenzialista portata avanti dalla coalizione che ha vinto le elezioni.

Questo quadro e la campagna elettorale inesistente, basata sul voto utile, senza proporre nulla di concreto, ci consegna il parlamento e il governo più a destra della storia repubblicana (battuto il record della precedente legislatura). Ci si può aspettare una svolta efficace dalla stessa classe dirigente che più che gli occhi di tigre, ha mostrato occhi di micio? L’esperienza del recente passato suggerisce di no.

La costituente socialista è ciò che manca da anni. Subito dopo la caduta del muro non si poté celebrare per cause tutte italiane (tangentopoli), ma la storia indicava un percorso chiaro: ricomporre la scissione di Livorno e riunire le sinistre sotto l’insegna centenaria del socialismo. Trent’anni dopo è ancora ciò che manca. Se non si può fare affidamento sugli attuali attori politici, resta solo una via: siano le “giovanili” dei partiti della sinistra a convocare la costituente, naturalmente aperta anche a chiunque, come chi vi scrive, non militi in nessuna di esse ma condivide la necessità di costruire una comunità politica partendo da zero (o quasi). Ciò per due ragioni. La prima è che siamo la generazione che più ha subito le conseguenze dell’assenza di un partito dei lavoratori: un riformismo in realtà deleterio e regressivo, che ci rende il paese con una delle più alte percentuali di disoccupazione giovanile (per tacere dei salari e dei tipi di contrattualizzazione che rendono impossibile immaginare un futuro). La seconda è appunto la diffidenza verso gli artefici della situazione attuale e la consapevolezza che solo con un approccio disinteressato alle carriere ma interessato alla comunità si potrà ottenere il risultato: chi non ragiona in termini di precedenti appartenenze partitiche può farsi da garante di un processo unitario.

E non si tratta di rottamazione. Quella è uno strumento di scalata del partito. Qui il partito non esiste.

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