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venerdì , 26 Aprile 2024

La fatale caricatura tedesca dell’Italia

di Sara Linda Russo e Carlotta Chiaramonte

traduzione dell’ articolo di Thomas Fricke pubblicato da Der Spiegel il 24.04.20

Il vero Euro-dramma sta nel falso cliché degli italiani spendaccioni. Non rispecchia molto realtà dei fatti ed è in procinto di disgregare l’Unione Europea. 

Probabilmente si tratta del sequel di uno dei tanti film di Mafia, o forse è semplicemente invidia per il fatto che l’Italia abbia il più bel clima, il cibo migliore, più sole, il mare… Deve pur esserci un qualcosa che spieghi questo irrefrenabile impulso di ribadire che noi tedeschi siamo più parsimoniosi, onesti e soprattutto affidabili. E gli italiani, in materia, mostrano gravi insufficienze. Alcuni se la ripetono ancora a memoria questa favoletta, da decenni, in un gigantesco piagnisteo da falsi innocenti. 

Dunque tutta questa arroganza tedesca non è tragica soltanto a partire da adesso, ma in questo momento lo sembra particolarmente. Perché? Perché la canzoncina tedesca sullo stile di vita italiano già da molto tempo è paragonabile soltanto ai crauti e le abitudini alimentari a Wanne-Eickel oppure alla tanto amata puntualità tedesca con la velocità di costruzione dei nostri magnifici aeroporti. Ma almeno questa fa ancora ridere.

Ben diverso è invece l’imbarazzante dibattito sul se i tedeschi partecipino agli Eurobond per aiutare gli altri  o se piuttosto preferiscano fantasticare su come sarebbero andate le cose se gli italiani avessero risparmiato prima. Questo spiegherebbe il mancato entusiasmo da parte della Germania di dare finalmente il via, nell’UE come al Vertice di questa settimana, a un’azione storica di salvataggio. L’Europa rischia la tragedia, non tanto perché gli italiani siano nel torto, quanto piuttosto a causa di una parte importante dell’opinione pubblica tedesca. 

Se lo Stato italiano durante una crisi del genere si trova in uno stato di pressione finanziaria, ammesso e non concesso che questo dipenda dagli Italiani, dipende dal fatto che il paese possiede un tasso significativo di oneri pregressi, cioè parecchi debiti accumulati negli anni passati. Il punto è che questo ha molto poco a che fare la situazione attuale, quanto piuttosto con una fase di deragliamento degli anni ’80 – in cui ciò non era però legato ad una mentalità dello spreco, ma a tassi di interesse che sono stati fatti improvvisamente schizzare alle stelle, come dichiara Antonella Stirati dell’Università di Roma Tre.

Questo almeno fino a quattro decenni fa. Piccolo rompicapo: se noi tedeschi non avessimo avuto tanti amici all’estero che ci hanno condonato una parte dei nostri debiti del 1953, oggi saremmo con la faccia a terra, ancora alle prese con quel fardello. Come va a finire quando si decide che i paesi debbano risanare i debiti storici, l’ha dimostrato la Germania dopo la prima Guerra Mondiale, quando alla fine il sistema ha ceduto – come rischia di fare in Italia già da anni. 

Se e di quanto si siano effettivamente indebitati gli italiani in tempi recenti, può essere meglio visto dallo sviluppo del bilancio annuale corrente. I governi italiani dal 1992 hanno fatto entrare lì anno per anno le eccedenze di bilancio, se si calcola pure quanto delle tasse viene fatto fuori per la gestione del debito pubblico.  Lo Stato da 30 anni dà ai cittadini meno di quello che prende. Con la sola eccezione dell’anno di crisi finanziaria internazionale del 2009. Questo è un risparmio da record, non un indebitamento, cara casalinga sveva!

Tutto ciò si è trasformato in una catastrofe dopo la crisi dell’euro, quando sotto la spinta delle pressioni internazionali, compresa quella tedesca, capi di governo come Mario Monti sono stati costretti a mettere in atto una riforma dopo l’altra. Ora sul mercato del lavoro, ora sulle pensioni. Dolce vita? Sciocchezze. Dal 2010 gli investimenti pubblici in Italia sono stati ridotti del 40% sotto quella stessa pressione, dice Stirati. Un collasso vero e proprio. Ora lo Stato investe quasi un decimo in meno nell’istruzione. Da pazzi. 

Per vedere il grafico clicca qui.

Nel complesso la spesa pubblica in Italia è ferma dal 2006. Per fare un confronto, in Germania da allora è aumentata del 20%. E ciò non può essere legittimato nemmeno come supposto risarcimento per il fatto che in passato l’Italia abbia sperperato le proprie risorse. Mamma Germania spende pro capite un quarto in più che in Italia. Percepirlo in queste settimane è stato terribile. 

Nell’attuale crisi-coronavirus tutto ciò sfocerà in un trambusto incredibile. Dal 2010 i governi italiani susseguitisi hanno operato tagli persino alla spesa pubblica sanitaria, mentre  in Germania, nello stesso arco di tempo, è stata progressivamente aumentata anno dopo anno. Allo scoppio della pandemia, infatti, mancavano ancora più posti letto di quanto si sarebbe potuto prevedere e hanno perso la vita persone che invece, probabilmente, avrebbero potuto salvarsi. I politici tedeschi non ne hanno nessuna colpa, almeno direttamente, sia chiaro. Ma è il momento di smetterla con ammonimenti sbagliati e di contribuire a riparare il disastro, caro signor Schaeuble. O quanto meno dire “mi scusi” per una volta.

Per vedere il grafico clicca qui.

Al contrario: in questi giorni assistiamo a come taluni buffoni continuino a scrivere in tutta serietà della “dipendenza da credito” degli Italiani. Anche qui un piccolo fact check: in termini di prodotto interno lordo i debiti privati in Italia sono tra i più bassi d’Europa.

Ci sono ancora domande sul perché in Italia nelle scorse settimane la percentuale di coloro che desidererebbero uscire dall’Unione Europea è schizzata oltre il 50%? Per comprenderlo almeno in parte, serve mettersi per un attimo nei panni dei cittadini di Milano o Bergamo. Cittadini che durante gli anni passati hanno fatto esperienza diretta dei tagli di cui sopra, subendone le conseguenze quotidianamente sulla loro pelle; cittadini che probabilmente a causa degli ospedali congestionati hanno perso il padre o la madre e che adesso si ritrovano a leggere dai fanfaroni tedeschi che avrebbero fatto meglio  a risparmiare. Se fossi italiano una volta o l’altra li manderei a quel paese.

Eppure non si può rimproverar tutto ai tedeschi. In verità dietro a questa situazione si cela il fallimento di tutti quei tecnici che si occupano di politica da liberi professionisti e che si autoproclamano papi dell’economia, lasciando altrimenti il posto al risentimento. Il fallimento di tutti coloro che, chi per pigrizia, chi per chissà quale altra ragione preferiscono rimestare vecchi cliché piuttosto che confrontarsi coi problemi delle persone e con le regole di base di analisi e statistica macroeconomiche. 

Non è abbastanza continuare a parlare solo e sempre del vecchio debito pubblico.

Se il debito pubblico italiano risalirà dopo la crisi dell’euro non può essere dovuto alla mancanza di risparmi. Chi ha semplificato la crisi e ha aumentato le tasse, rende a livello economico e per ciò anche per lo Stato tutto molto peggio, risultando alla fine un debito pubblico ancora maggiore di prima. Così qualcosa del genere dovrebbe essere trasmesso anche in Germania. Non siamo più stupidi degli altri, del resto. 

Se il debito pubblico italiano risalirà dopo la crisi dell’euro non sarà dovuto alla mancanza di risparmi. Chi ha taglia durante le crisi e aumenta le tasse, peggiora tutto a livello economico e per ciò anche per lo Stato, con la conseguenza che alla fine lo stato è più indebitato di prima. Con un po’ di buona volontà qualcosa del genere potrebbe essere trasmesso anche in Germania. Non siamo più stupidi degli altri.

Se Hans-Werner-Sinn per anni, con un’interpretazione eccessiva e sbagliata dei saldi-Target, ha sbandierato il mito dell’Europa meridionale “cattiva”, è dovuto a un eccesso di zelo e, per quanto ne so io, risentimento più che incompetenza (senza ombra di dubbio). Eppure è già grave, dato che persino ex-economisti della Banca Centrale Europea, come ad esempio Ottmar Issing, sembrano aver dimenticato le fredde cifre e mormorano che i politici italiani desiderino gli Eurobond per continuare a indebitarsi all’infinito, come se non bastasse quanto già fatto negli ultimi trent’anni. Che ragionamento?

Forse l’Europa per salvarsi ha bisogno di nuovi esperti tedeschi. Eppure, secondo alcuni, quelli la cui opinione ha più risonanza mediatica al momento, sarebbe davvero troppo sconveniente rovinare così la reputazione della Germania nel mondo. 

Non siamo al circo. Piuttosto di fronte una crisi vertiginosa. Di questo passo il numero degli italiani stanchi dell’Unione Europea e che non accetteranno di prendere ordini sul loro stile di vita da nessuno, soprattutto da chi non ne ha la benché minima contezza, continuerà a salire. 

È giunto il momento di fermare questo teatrino, e sia con gli Eurobond come simbolo per il futuro della comunità, cosa che l’avere una moneta comune ci garantisce in ogni caso. Con settimane così caotiche alle spalle, è tempo che i tedeschi facciano un passo avanti.  Altrimenti l’Unione europea non sarà più un’unione nel volgere di un paio di anni. E in Italia come in Francia saliranno uomini al potere, come già Boris Johnson o Donald Trump, non più disposti a stare al gioco. Un gioco su cui la Germania ormai da decenni costruisce il suo benessere. 

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