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venerdì , 19 Aprile 2024

Tutte le strade portano a Karlsruhe?

di Giorgio Garofani e Marco Perziani

Dopo mesi e mesi di attesa, la Corte Costituzionale Tedesca si è finalmente pronunciata. Un contenzioso che ha trovato, una sua fine o meglio, l’inizio della sua fine, quest maggio 2020.

La corte tedesca infatti in ottemperanza alle sentenza della Corte di Giustizia Europea su cui si era pronuncia nella data dell’undici dicembre 2018 secondo cui affermava che la Bce e il suo programma del 4 marzo 2015 fosse valida e legittima, oggi ha ribaltato seppur in parte quanto affermato dalla Corte di Giustizia Europea.

Infatti secondo i giudici tedeschi il programma del Quantitative Easing è illegittimo seppur parzialmente. Nelle conclusioni delle 237 pagine di sentenza, si evince come secondo l’organo costituzionale tedesco si siano violati i principi di proporzionalità, ledendo quanto statuito nei trattati.

Or ora, nell’effettivo della conclusioni la Corte tedesca ha affermato che la BCE non ha ponderato gli effetti di politica economica e fiscale del Quantitative Easing (nello specifico il PPPS), ignorando appunto il principio di proporzionalità statuito nei trattati. Un passaggio molto importante sta nel fatto che, la Corte Tedesca si sia espressa in maniera antitetica rispetto alla Corte di Giustizia Europea – che aveva dichiarato valido il programma – identificando il Quantitative Easing come un atto “Ultra Vires”, tradotto “al di là dei poteri conferiti”. Quest’ultimo tratto è importantissimo, poiché conferisce spunti potenzialmente drammatici per l’Unione Europea. Infatti, proseguendo nella lettura si evince come secondo i tedeschi, l’adozione di un atto ultra Vires comporti la violazione dei trattati, e per verificare se questo sia accaduto realmente chiede alla Bce di motivare la valutazione della proporzionalità del programma entro 3 mesi. Se questa non fosse dimostrata, dato che le autorità tedesche non possono partecipare allo sviluppo e all’attuazione di atti ultra vires, la Bundesbank ha l’obbligo di vendere dopo un periodo prestabilito e transitorio, tutti i titoli in portafoglio acquisiti con il programma del Quantitative Easing . Uno scenario potenzialmente drammatico per i paesi del sud Europa.

Nel frattempo però, in un intricato conflitto tra poteri, la Commissione Europea ricalca come sia fondamentale la preminenza del diritto Ue e come il giudizio della Corte di Giustizia Europea sia in uno schema di Fonti del Diritto superiore rispetto a quanto affermato dalla Corte Costituzionale Tedesca.

E sta proprio qui il nocciolo giuridico della questione.

La sentenza della Corte Costituzionale Tedesca crea un precedente davvero insidioso per il Diritto Europeo, poiché è quantomeno singolare come una Corte nazionale, sopravanzi il Diritto Europeo riconosciuto nei trattati mettendo in dubbio la legittimità della sentenza della Corte di Giustizia Europea.

Ma è proprio qui l’arcano giuridico da dove trae forza la Corte Tedesca nella sua sentenza, dinanzi alla illegittimità del giudizio della CGUE, venendo meno al proprio mandato e quanto stabilito da diritto.

Questo passaggio importantissimo, legittima i giudici tedeschi a eseguire lo scrutinio giudiziario.

E ancor più importante crea un precedente molto pericoloso a livello di limiti e controlimiti tra Diritto Comunitario e Diritto Nazionale.

Ad oggi più che avere una risposta della Bce che arriva in modo alquanto laconico dice di aver preso nota dei profili del tribunale tedesco e in cui ricorda la sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha stabilito la legalità del suo programma di acquisto. Sarebbe molto più utile seppur complicato avere la risposta della Corte di Giustizia Europea in merito. Ma ahinoi, per dare risposta la Corte di Giustizia Europea dovrebbe essere nuovamente investita da parte della Corte Costituzionale Tedesca.

La situazione è tutt’altro che semplice, e le difficoltà si vedranno solo nei prossimi giorni, nonostante l’interpretazione della Corte Tedesca risulti quantomeno una forzatura ma che crea un pericoloso precedente per altri paesi europei che potrebbero sentirsi legittimati a respingere o reinterpretare le sentenze emesse dalla Corte.

A questo punto, prima di iniziare a esaminare le ricadute economiche della sentenza di Karlsruhe è però opportuno rammentare il quadro di fondo della situazione: questo è un quadro di crisi di inaudita gravità, con il Pil italiano che è previsto contrarsi del 9,5% quest’anno, a fronte di un deficit all’11,1%, con il rapporto fra debito e Pil che andrebbe a attestarsi al 159%, proiettando sul nostro paese lo spettro (che già peraltro aleggiava) di una crisi del debito non dissimile da quella che ha scosso la Grecia all’inizio di questo decennio.

La risposta europea a tutto questo nonostante la chiara situazione emergenziale dovuta al Covid si è limitata all’approvazione di una serie di schemi di prestiti da effettuarsi a fronte di garanzie varie e per determinati ambiti (tali possiamo definire infatti sia il fondo Sure per le casse integrazioni, dal quale si stima saranno recuperabili al massimo 100 miliardi a fronte di garanzie per 2/3 miliardi, che gli eventuali fondi della Bei, la Banca Europea degli investimenti, concessi anche questi con obbligo di restituzione), con l’ormai famigerato Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) a farvi la parte del leone, con i suoi 36 miliardi di prestiti strettamente limitati alle spese sanitarie e con tutti i problemi correlati al suo utilizzo, su cui potete leggere qui.

Queste risposte come è agevole pensare sono palesemente insufficienti (combattere una crisi del debito con dei prestiti è come provare a spegnere un fuoco versandoci sopra dell’alcool), ed è in questo scenario già problematico che dobbiamo pensare alle conseguenze economiche di quanto disposto dalla Corte Costituzionale tedesca.

Essendo gli eventi relativi a questa sentenza ancora in corso quanto possiamo fare al momento è tracciare degli scenari, che a nostro avviso sono quelli più plausibili nei prossimi mesi:

  1. La Bce accetta quanto disposto e modifica alcune delle sue politiche: in questo scenario potremmo assistere principalmente a due cose, che potrebbero essere una fine prematura del programma Pepp (programma d’emergenza di acquisto di titoli di Stato), che finora ha avuto l’effetto di calmierare (anche se non abbassare) i tassi di interesse sui titoli del debito italiano, e/o un ridimensionamento del Pspp ossia del Quantitative Easing “normale” magari facendo rispettare più rigidamente la regola del capital key nello stesso, regola che impone alla Bce di non detenere un valore di titoli di un dato paese in % maggiore alla partecipazione di quel paese al capitale  della Banca Centrale stessa. L’effetto di entrambe queste manovre sulla sostenibilità degli interessi sui Btp italiani sarebbe disastroso.
  • La Bce respinge quanto disposto dalla Corte allegando delle motivazioni che questa considererà convincenti: in questo caso torneremmo rapidamente allo status quo di prima, con la tensione derivante da questa vicenda che avrà già fatto dei danni al debito italiano tramite qualche centinaia di milioni di euro di maggiori interessi sui nostri titoli di stato.
  • La Bce respinge le disposizioni della Corte e allega motivazioni che però risultano sgradite alla Corte tedesca: in questo scenario potremmo avere una vendita da parte della Bundesbank dei titoli acquisiti tramite il Quantitative Easing, vendita che a sua volta avrebbe un impatto devastante sui titoli italiani (e in questo caso anche degli altri paesi del Sud Europa), accelerando grandemente le dinamiche di crisi del debito già in atto e minando in generale la stabilità complessiva del sistema europeo.

A prescindere da cosa accadrà emergono però due elementi cruciali da questa vicenda: il primo è che il nazionalismo dei paesi del Nord Europa di cui questa sentenza è manifestazione è il principale e vero ostacolo all’integrazione europea, e il secondo è che nel momento in cui anche manovre di sostegno indiretto ai debiti sovrani come il Quantitative Easing e simili sono sotto attacco diretto le possibilità in di qualsiasi progetto di monetizzazione o condivisione del debito fra paesi europei sono prossime allo zero, e le possibilità che l’Italia vada a intraprendere lo stesso percorso della Grecia crescono di giorno in giorno. Nel bene o nel male, bisognerà trarre delle conclusioni.

 (Aggiornamento: Venerdì 8 maggio la Corte di Giustizia Europea si è espressa su questa vicenda con il comunicato 58/2020 nel quale sottolinea come le sentenze della stessa siano in base a una giurisprudenza consolidata considerate vincolanti per le singole Corti nazionali, e nel quale si asserisce che “solo la Corte di giustizia è competente a constatare che un’atto di un’istituzione dell’Unione sia contrario al diritto dell’Unione”. In base al contenuto del comunicato ci sentiamo quindi di dire che l’orientamento in sede europea è al momento volto alla confrontazione con le istituzioni tedesche, e dal punto di vista degli scenari sopra elencati a nostro parere questo aumenta le possibilità degli scenari 2) e 3) ).

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