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giovedì , 28 Marzo 2024

MARIO DRAGHI – Con il Coronavirus siamo davanti a una guerra e dobbiamo agire di conseguenza

Riportiamo la traduzione dell’articolo apparso sul Financial Times il 25.03 scritto da Mario Draghi, già Governatore della Banca d’Italia e Presidente della Banca Centrale Europea.

Livelli più alti di debito pubblico saranno la norma e dovranno essere accompagnati dalla cancellazione dei debiti dei privati

Di Mario Draghi

Questo articolo è parte di una serie di articoli dove massimi esperti e politici proporranno le loro visioni su come alleviare gli effetti devastanti del rallentamento globale dell’economia. L’autore di questo articolo è il già Governatore della Banca Centrale Europea.

La pandemia dovuta al Coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche. Molti oggi vivono nel terrore di morire o in lutto per la perdita dei propri cari. Le azioni intraprese dai governi nazionali per prevenire il collasso dei nostri sistemi sanitari sono coraggiose e necessarie. Devono essere supportate. Ma queste azioni portano con sé un enorme e inevitabile costo in termini economici.

Mentre molti affrontano la morte, molti di più affrontano la perdita del loro reddito e del proprio lavoro. Giorno dopo giorno la situazione economica precipita. Le imprese di ogni genere vedono crollare i propri fatturati. Moltissime di queste stanno già riducendo il personale licenziando i propri dipendenti. Una profonda recessione è quindi inevitabile.

La sfida che abbiamo di fronte è come agire con sufficiente forza e velocità per prevenire che la recessione si trasformi velocemente in una prolungata depressione che sarà resa ancora più profonda e grave da una serie interminabile di imprese fallite che non potrà che lasciare danni irreversibili nel tessuto economico e produttivo. E’ evidente già da adesso che la risposta dovrà necessariamente comportare un considerevole aumento del debito pubblico.

La perdita di fatturato del settore privato e qualsiasi debito contratto per limitare i danni dovrà essere alla fine assorbito, totalmente e in parte, dal bilancio dello Stato. Livelli di debito pubblico molto più alti degli odierni saranno a breve la norma e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato. E’ il ruolo dello Stato quello di mettere in campo tutte le sue risorse per proteggere i cittadini e l’economia dagli shocks che il settore privato non è in grado di assorbire e di cui non è responsabile. Gli Stati hanno sempre agito in questo modo davanti a emergenze nazionali. Le guerre – il precedente più significativo a riguardo – erano finanziate dall’aumento del debito pubblico. Durante la prima guerra mondiale, in Italia e Germania solo tra il 6 e il 15 per cento delle spese di guerra erano nei fatti finanziate dal gettito fiscale. In Austria, Russia e Francia, nessuno dei costi a medio termine della guerra fu pagato con le entrate fiscali. Ovunque, la base imponibile fu erosa dai danni di guerra e la leva obbligatoria. Oggi viene invece erosa dalla paura e dalla chiusura totale delle attività. La questione centrale non è se ma come lo Stato debba usare le sue risorse per ottenere il miglior risultato. La priorità deve essere non solo l’erogazione di un reddito minimo per coloro che perdono il proprio lavoro e il proprio reddito. Come prima cosa dobbiamo proteggere le persone e il proprio impiego. Se non lo faremo, usciremo da questa crisi con livelli di occupazione e di produzione molto più bassi mentre le famiglie e le impresse lotteranno per rimettere a posto i propri conti e ricostruire i propri patrimoni.

Sussidi per gli occupati e i disoccupati e il rinvio delle scadenze fiscali sono passi importanti che sono già stati introdotti da molti governi nazionali. Ma per proteggere i livelli occupazionali e produttivi in un momento di crollo delle entrate necessità è necessario un supporto immediato in termini di liquidità. Tale supporto è essenziale per tutte le attività per coprire i loro costi operativi durante la crisi, che siano grandi compagnie o ancora di più qualora siano piccole o medie imprese o ditte individuali.

Numerosi governi nazionali hanno già introdotto misure per canalizzare liquidità a favore delle attività in difficoltà. Ma un approccio più completo e profondo è necessario. Mentre in diversi paesi europei si stanno modificando le strutture finanziarie e industriali, l’unico modo per raggiungere ogni interstizio delle proprie economie è quello di mobilitare il loro intero sistema finanziario: mercati finanziari principalmente per le grandi imprese, e sistemi bancari e in alcuni paesi anche postali per tutti gli altri. E deve essere fatto immediatamente evitando qualsiasi rallentamento burocratico. Le banche in particolare si ramificano in tutti i settori dell’economia e possono creare liquidità istantaneamente autorizzando scoperti o consentendo l’apertura di nuove linee di credito. Le banche devono prestare rapidamente e a costo zero denaro alle imprese al fine di salvare i posti di lavoro. Visto che così facendo diventerebbero un veicolo delle politiche economiche dello Stato, il capitale di cui le banche necessitano per perseguire questo obiettivo deve essere fornito dal governo nella forma di garanzie statali su tutti i nuovi scoperti o prestiti. Né i regolamenti né gli usi dovrebbero impedire o rallentare la creazione di tutto lo spazio finanziario necessario nei bilanci delle banche per perseguire questa obiettivo. Inoltre, il costo di queste garanzie non dovrebbe essere basato sulla solvibilità delle imprese che ricevono i finanziamenti ma dovrebbe essere al contrario incurante del costo per il governo che le istituisce. Le imprese, ad ogni modo, non saranno attratte dal supporto alla loro liquidità semplicemente perché il costo dei prestiti è basso.

In alcuni casi, ad esempio attività con un portafoglio ordini ancora capiente, le loro perdite potrebbero essere recuperabili e quindi saranno in grado di ripagare i debiti. In altri settori invece probabilmente non sarà così. In questi settori le imprese potrebbero essere ancora in grado di assorbire gli effetti della crisi a breve termine alzando il loro livello di indebitamento per mantenere il proprio personale al lavoro. Ma le perdite che accumulano ora rischiano di compromettere la loro capacità di investimento in futuro. E, qualora la diffusione del virus e la chiusura totale associata dovesse durare nel tempo, potrebbero realisticamente rimanere sul mercato solo se il debito accumulato durante la crisi per mantenere i propri livelli occupazionali sarà alla fine cancellato.

O il governo copre le spese di queste imprese o questi debitori verso le banche al fine falliranno e la garanzia dello Stato sarà comunque incassata. Qualora si sia in grado di contenere le richieste immorali o speculative, la prima soluzione è da preferire per il bene dell’economia. La seconda soluzione potrebbe ad ogni modo essere meno costosa per il bilancio dello Stato. Ma entrambi i casi porteranno comunque i governi e i bilanci pubblici ad assorbire una larga parte delle perdite causate dalla chiusura delle attività qualora si intenda tutelare i livelli occupazionali e la capacità produttiva. I livelli di indebitamento pubblico saranno quindi in ogni caso di molto aumentati. Ma l’alternativa – un distruzione permanente della capacità produttiva e della base imponibile – sarebbe ben più dannosa per l’economia e al fine per le finanze pubbliche.

Dobbiamo inoltre ricordare che dato il presente e probabile futuro livello dei tassi di interesse, tale aumento del debito pubblico non dovrebbe influenzare i costi di manutenzione del debito stesso. In un certo senso, l’Europa è ben equipaggiata per gestire questo shock straordinario. Ha una struttura finanziaria diffusa e granulare in grado di veicolare finanziamenti a qualsiasi ambito dell’economia che ne necessiti. Ha un solido settore pubblico in grado di coordinare una risposta politica rapida.

La velocità d’azione è assolutamente essenziale affinchè queste misure siano efficaci. Davanti a circostanze non prevedibili un cambio di mentalità in questa crisi è necessario come lo sarebbe stato in tempo di guerra. Lo shock che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di fatturato non è colpa di nessuno che oggi lo subisce. Diversamente, il costo dell’esitazione potrebbe essere irreversibile. La memoria delle sofferenze degli europei negli anni 20 del secolo scorso dovrebbe essere sufficiente come monito. La velocità con cui si stanno sfaldando i bilanci del settore privato – dovuti a un blocco delle attività economiche che in questo momento purtroppo è sia inevitabile che desiderabile – deve corrispondere alla velocità nel disporre finanziamenti da parte del bilancio governativo, mobilitando banche e, come europei, supportandoci a vicenda in una battaglia che è oltre ogni evidenza una battaglia comune.

"l'articolo in tutto o in parte non è riproducibile fuori dal dominio www.ilpartigiano.it senza il consenso dell'autore"

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